Quasi tutti da piccoli abbiamo contratto la varicella, ovvero la famosa malattia esantematica che si manifesta con rash cutaneo vescicolare un po’ in tutto il corpo e che tende a sparire completamente nel giro di poche settimane. La varicella è scatenata dal virus varicella-zoster, che a differenza di quanto sostenuto fino a poco tempo fa rimane silenziosamente “attivo” nell’individuo interessato anche dopo la fase di invasione primaria. Il virus varicella-zoster si ritira infatti nelle terminazioni nervose e può scatenarsi nuovamente anche a distanza di moltissimi anni, ma in una forma differente. Stiamo infatti parlando dell’herpes zoster, più comunemente noto come “Fuoco di Sant’Antonio”, che colpisce generalmente dai 50-55 anni in su (in particolare gli immunosoppressi, ndr).
Fuoco di Sant’Antonio: come si manifesta
L’herpes zoster o Fuoco di Sant’Antonio si manifesta con un’eruzione cutanea molto dolorosa, caratterizzata da vescicole che solitamente si formano su un lato del corpo, andando a formare una specie di striscia. Sono molte le persone colpite dal Fuoco di Sant’Antonio almeno una volta nella vita, sebbene nella stragrande maggioranza dei casi questa brutta esperienza si verifica una sola volta. Ma da cosa deriva questo nome? Il Fuoco di Sant’Antonio è chiamato così perchè intorno al dodicesimo secolo si invocava Sant’Antonio Abate affinchè intervenisse per guarire le persone colpite da questa malattia. Il nome “herpes zoster” riprende invece due parole latine che significano rispettivamente “serpente” e “cintura”, proprio per rendere l’idea della “striscia infuocata” che si annida nel corpo e che in alcuni casi lascia qualche strascico.
Come detto, età avanzata e situazioni di immunocompromissione aumentano molto il rischio di contrarre il Fuoco di Sant’Antonio, mentre non fa alcuna differenza la stagione o il luogo in cui si vive, dato che l’herpes zoster ha all’incirca lo stesso tasso di incidenza in tutto il pianeta. Ma il Fuoco di Sant’Antonio è contagioso? Il rischio è davvero molto basso nella fase acuta, dato che si dovrebbe entrare in contatto con il pus presente nelle vescicole tipiche della malattia; nella fase in cui le vescicole assumono l’aspetto di croste che tenderanno lentamente a cadere, il contagio è pressochè impossibile. Ma come si fa a capire quando siamo stati colpiti dal Fuoco di Sant’Antonio? Solitamente, il primo sintomo che compare è un prurito nella zona interessata, assieme a dei piccoli punti di colore rosso. Altri sintomi che indicano l’insorgere della patologia sono febbre, sensazione di stanchezza, brividi di freddo, dolori addominali e mal di testa.
Fuoco di Sant’Antonio senza eruzione cutanea: i sintomi dello “Zoster sine herpete”
Durante tutte le fasi della malattia la persona colpita verrà sottoposta ad una terapia basata su farmaci specifici che aiutano a combattere l’herpes zoster e a rendere più rapida la guarigione. In alternativa esistono anche dei rimedi naturali, come ad esempio l’agopuntura, gli impacchi d’acqua da apporre sulle vescicole, la tintura madre di echinacea e anche piante come la melissa, potente antivirale. Ma il Fuoco di Sant’Antonio può presentarsi anche come malattia esclusivamente interna, ovvero senza il manifestarsi di un’eruzione cutanea? Sebbene si tratti di una situazione davvero molto rara, questa tipologia di Fuoco di Sant’Antonio esiste e prende il nome di “Zoster sine herpete”. La diagnosi, in questo caso, è più complicata rispetto alla variante “standard” della malattia proprio perchè qui siamo in assenza delle classiche vescicole che non lasciano spazio a dubbi.
Tuttavia, fatta eccezione per le vescicole, i sintomi che lasciano pensare alla presenza del “Zoster sine herpete” in un paziente sono praticamente gli stessi, ovvero mal di testa, formicolio, dolore e bruciore in alcune zone del corpo, senza però che compaiano eruzioni cutanee. Solitamente si verificano anche in questo caso malessere generale e brividi di freddo, con possibile febbre. Il Fuoco di Sant’Antonio senza eruzione cutanea non va affatto sottovalutato, dato che a volte può manifestarsi anche con una certa gravità. Ad esempio, se ad essere colpita è la zona del viso si può anche arrivare ad una paralisi facciale, in quanto la patologia è andata ad interessare i nervi cranici. Non è raro che con il presentarsi di un sintomo di questo tipo si possa pensare ad altro, come ad esempio ad una patologia cardiaca o cerebrale, oppure ad un’embolia polmonare.
Come viene effettuata la diagnosi di uno “Zoster sine herpete”? In genere si procede con dei test a distanza, solitamente ad intervalli di 10 giorni. Se i risultati dei test evidenziano un aumento del livello di anticorpi IgM-IgG, la probabilità che la persona interessata sia stata colpita da Fuoco di Sant’Antonio senza eruzione cutanea è decisamente elevata. A quel punto bisogna agire per eliminare il prima possibile il virus, in modo tale che non permanga per troppo tempo nel corpo facilitando complicanze. Per questo, il medico sottoporrà il paziente ad una terapia a base di antivirali, assieme a degli analgesici e qualche antinfiammatorio. Data l’assenza in questo caso di vescicole, non è necessario applicare alcuna crema topica sul corpo della persona interessata da “Zoster sine herpete”, che invece vengono utilizzate nella variante “standard” del Fuoco di Sant’Antonio.
Le complicanze sono rare, ma…
Anche lo “Zoster sine herpete” colpisce principalmente le persone di età superiore a 50-55 anni e specialmente quelle che presentano un sistema immunitario debole. Ci sono anche dei casi i cui le eruzioni cutanee si manifestano in un secondo momento, ovvero dopo un periodo di circa tre o quattro settimane dalla riattivazione del virus e dall’inizio e sviluppo dell’infezione. Si tratta sempre di situazioni davvero molto rare, ma comunque il consiglio è sempre quello di non sottovalutare mai il Fuoco di Sant’Antonio proprio perchè può manifestarsi in molti modi diversi. La maggior parte dei pazienti colpiti da Fuoco di Sant’Antonio, compreso quello senza eruzione cutanea, non hanno più problemi una volta guariti. Tuttavia, possono presentarsi anche delle complicanze come la nevralgia post-erpetica, che porta ad avvertire dolore e bruciore nella zona interessata anche dopo la scomparsa dell’infezione.
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